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Ecco il primo contributo relativo alla discussione aperta grazie al commento che un genitore, Max Calavaro,
ha lasciato nella serie di post che riguardano la comunicazione atleta-tecnico.
Lo propone Stefano Carbone, tecnico ligure e amico di lunga data.
E come al solito, ha cose interessanti, molto interessanti da proporci.
Punto primo: adeguarsi ai tempi che cambiano - Il discorso sul rapporto "triangolare"fra la
società, gli atleti ed i genitori è complesso e lo è a maggior ragione nel
secondo decennio del secondo millennio, nel quale le esigenze di comunicazione
sono cresciute esponenzialmente.
Non è pensabile che un genitore "pagante"che
magari tramite il proprio smartphone è in contatto con il calciatore o
l'artista rock preferito, accetti di buon grado di essere tagliato fuori dal
rapporto che il figlio o la figlia hanno con la propria società sportiva.
Anzitutto il primo nodo della questione può essere
considerato il dato di fatto per cui la società spesso è identificata meramente
con il tecnico (questo perchè raramente le società hanno i mezzi per gestire
diversamente i rapporti con le famiglie e tutto sommato il tecnico è pagato (?)
anche per questo, e quindi la "grana" genitori se la deve vedere lui.
Sviluppare il senso di responsabilità dell'atleta - Io, onestamente, non posso negare di fare parte della
categoria di allenatori che preferisce avere principalmente a che fare con gli
atleti, per un motivo molto semplice, credo che sia una attestazione di fiducia
nei confronti dell'atleta,che per quanto giovane sia, deve imparare a prendersi
da subito delle responsabilità e non essere dipendente dai genitori, eccettuato
l'aspetto logistico e quello meramente economico, ovviamente.
Da un lato, per le categorie giovanili, può ancora venire
incontro la tecnologia, ad esempio mediante delle mailing list che coinvolgano
i genitori, le famiglie, a seconda delle varie categorie di appartenenza, ma
nulla penso possa alla fine sostituire il rapporto personale che si deve avere
con la collettività dei genitori della squadra e col singolo genitore, per
situazioni personali, che non coinvolgano necessariamente tutto il gruppo.
E credo che da un rapporto con genitori ed atleti
correttamente gestito possano nascere parecchie opportunità positive per le
parti.
Coinvolgere i genitori gratificandoli? Ecco un esempio! - Mi piace concludere raccontando una esperienza fatta con la
mia squadra giovanile alle finali Uisp di Monterotondo, un paio di anni fa:
eravamo in albergo, e stavo per spiegare alla squadra (era una mista, maschile
e femminile), come avrebbe dovuto affrontare la partita successiva, e dato che
eravamo tutti assieme in una saletta, i genitori, discretamente, pensarono di
uscire e lasciarmi solo con la squadra, io invece chiesi loro di restare,
ascoltare ed eventualmente anche chiedere (dopo gli atleti) quello che non
fosse chiaro.
Il risultato fu che il gruppo dei genitori ebbe una enorme
gratificazione, capirono cosa avrebbero dovuto fare i loro ragazzi, non
urlarono le solite cose insensate dagli spalti, e soprattutto, con un piccolo
gesto abbiamo scongiurato l'effetto "paga,zitto e guida" che oltre
ad essere pericoloso è pure profondamente ingiusto.
Lo stesso ad esempio andrebbe fatto ad esempio al momento di
spiegare il regolamento...aprire le lezioni teoriche ai genitori o agli
interessati in genere può solo creare cultura sportiva e generare solo effetti
positivi.
Certo, più la gente sa, più può criticare e può farlo con
competenza e cognizione di causa...non sarà questo a preoccuparci?
Siamo un mondo così piccolo che trovo criminale perdere per
strada una percentuale altissima di "pezzi" perché li respingiamo,
più che coinvolgerli ... parliamo oggi dei genitori, ma (specialmente in regioni
ad alta densità pallanuotistica) ci sarebbe un analogo discorso da fare su
decine, centinaia di "dead wp players swimming" tipo atleti e atlete
all'ultimo anno di giovanile, con davanti il baratro, il rischio di dovere
smettere per mancanza di prospettive/alternative (leggi squadre di livello
medio/basso). (Nota di Edoardo - Quest' ultimo concetto, permettimi Stefano, è un altro discorso, che affronteremo, prima o poi!)
E tu? Sei un genitore? Un tecnico? Perchè non esponi la tua opinione? Ti aspetto, scrivimi a:
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Mi sembra che Stefano abbia centrato uno dei punti importanti nel rapporto Società (non allenatore) e genitori. La gratificazione è uno degli aspetti che meglio permette di far sentire i genitori come parte integrante del "progetto" che vede coinvolti i loro figli.
RispondiEliminaSe il genitore perde le motivazioni, è molto probabile che anche il figlio di riflesso cominci a perdere le motivazioni.
E come sottolinea Stefano si cominiciano a perdere i "pezzi".
Per concludere aspetto con trepidazione il discorso "dead wp players swimming" aperto sempre da Stefano, visto che con mio figlio mi trovo esattamente a questo bivio :-(
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