lunedì 22 aprile 2013

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Ho sempre ritenuto insopportabile, da giocatore, il "pippone" prepartita che dura
tre quarti d'ora.

Poi sono diventato allenatore e in quanto tale, insopportabile propinatore di "pipponi", fino a quando non ho cercato la via della cura. Giunto ad una maturità tecnica più o meno manifesta, ho gradualmente eliminato questo grave errore, che purtroppo la stragrande maggioranza dei tecnici ancora ritiene essere un'arma efficace.

Ho capito che l'efficacia risiede nella sintesi e nell'organizzazione.
Ho anche capito che la mancanza di sintesi non solo è inefficace, ma manifesta una certa mancanza di idee.
Così ho cominciato a gestire diversamente il dialogo con le squadre che ho allenato.
Qui di seguito riporto un semplice modus operandi (certamente non valido per l'alto livello) che mi piacerebbe condividere con voi: vi invito a criticare e suggerire, a beneficio di tutti. Astenersi anonimi e perditempo.

Dialogare è studiare - Hai mai preparato un esame scolastico il giorno prima? Se si, come è andato? Se hai preso il massimo dei voti allora sei un genio. Ma se ti sei reso conto dell'inefficacia di questa tattica e sei un allenatore di pallanuoto, allora converrai con me che arringare per 45 minuti poco prima della partita significa cercare di attivare giocatori che non sono stati stimolati durante la settimana. Troppo tardi.

Prepararsi allo scontro per tempo - Preso atto del punto di cui sopra, occorre preparare la squadra dal lunedi precedente la gara. Evita di preparare i tuoi atleti a fare e a pensare solo ai 100 stile, perché sabato si ritroveranno di fronte un avversario, non una riga blu in fondo alla vasca. Preparali individualmente e in gruppo ad affrontare delle "facce".

Chi sono io? Chi è il mio avversario?- Ogni singolo giocatore deve pensare infatti alle caratteristiche di chi affronterà in gara: il marcatore dovrà pensare ai punti di forza e alle lacune del centroboa avversario. A partire da lunedì. In questo modo l'atleta si concentrerà per tutti gli allenamenti della settimana a sviluppare un certo lavoro tecnico-tattico, e il sabato, quando affronterà una "faccia", bè, quella faccia non avrà segreti, nel bene e nel male.

Crescere dormendo - Questo significa anche aiutare il giocatore a misurarsi per tempo, comprendere non solo pregi e difetti dell'avversario, ma anche a che punto si trova rispetto a quei pregi e difetti. Una cosa che, se sviluppata presto, diventa anche dialogo interiore, ovvero crescita al di fuori dell'impianto sportivo. Il tuo giocatore imparerà da solo a pensare alla gara anche fuori dall'orario di pallanuoto perché ci tiene: costringerlo ad una full immersion il venerdi sera non serve a niente!

Parla il lunedi, gioca il martedi - Per questo motivo il discorso prepartita ho iniziato a farlo il lunedi, impostando non la partita, ma una intera settimana propedeutica alla partita: in questo modo coinvolgi il giocatore a provare le proprie cose e quelle di squadra tutta la settimana in funzione delle caratteristiche dell'avversario. Proponi la partitella di allenamento il martedì, e lentamente comincerai a vedere i tuoi giocatori intenti a giocare in funzione di questo. Li stai allenando a diventare attivamente coinvolti.

Tutto in una volta genera stress, meglio a piccole dosi - "Li stai allenando a diventare attivamente coinvolti", dicevo sopra. Sarà un percorso naturale se i tuoi discorsi del lunedì saranno sintetici e incisivi. Se stressi i tuoi giocatori con 5 discorsi di un'ora ogni settimana, bè, non andrete da nessuna parte.

90% è meglio che 10% - Quando cominci a vedere questo segnale, allora incita e correggi in funzione del risultato settimanale, ma cerca di essere sempre positivo. Il tuo giocatore ha difeso bene, a 10" dalla fine dell'azione avversaria comincia a preparare la controfuga sull'esterno, parte al momento giusto, taglia fuori l'avversario, riceve il passaggio lungo, alza e tira ... palo!
Insegnali che non è uno "sfigato", ma che ha fatto alla perfezione il 90% del suo lavoro, e che adesso, circoscritto ciò che non va al meglio, è su quello che andremo a lavorare insieme. La reazione dell'atleta, la sua disponibilità a lavorare, sarà inevitabilmente diversa da quella che percepisci se gli dici:"sei una pippa" senza spiegargli dov'è il granello di sabbia che inceppa una macchina (inconsapevolmente) perfetta.

E un richiamino all'ordine? - Ma si, un richiamino il venerdì fallo. Ma prendi il cronometro e misurati a casa. Non superare 15', e poniti il limite delle cose da dire che devono essere meno delle dita di una mano e coerenti con quanto detto il lunedì e fatto negli altri giorni. Poi vai in piscina ed esponi.

E l'uomo in più? - Ricordo un allenatore che diceva ai suoi:" ma come fai a sbagliare questa cosa, eppure ne abbiamo parlato tanto!!!".
Appunto. Ne abbiamo palato troppo e non l'abbiamo provato.

La fase di uomo in più oltre ad essere fondamentale è anche un grande allenamento di gambe, di tiro, di forza e resistenza, di tattica e di competizione. Perché limitarlo al venerdì? Fallo, se puoi, tutti i giorni.

Mi sento castrato ... - certo, arringare la folla per 45 minuti è fantastico ... se sei cieco e sordo. Ma se ci vedi e ci senti, gli sbadigli e i segnali di fastidio arriveranno subito. Credimi, dovresti sentirti castrato a fare discorsi lunghi, non brevi e incisivi.

Ma il sabato che dico? - fai la somma, parla 10 minuti, non di più. Non serve. cerca di stimolare motori già accesi da soli. cerca di essere la miccia per qualcosa che hai reso esplosivo. Come? Ecco alcuni esempi, ognuno dei quali non dura più di 5'.


Si, lo so, pensavi ad Al Pacino. Il video qui sopra invece mi pare più adatto, perché ti aiuta a trovare quel feeling con la patita della vita: "se giocassimo 10 volte questa gara, loro vincerebbero 9 volte. Ma non oggi, non questa partita".
Fa leva sulla presenza, sul "Carpe Diem" di certi treni che forse non passano più.

E' emotività, non tattica o strategia. Del resto se sai dominarla, fare leva sull'emotività è anch'essa una strategia.

Comunque eccotelo, Al Pacino.



E tu che cosa racconti alla tua squadra? Come lo fai? Quando lo fai?


4 commenti:

  1. Contributo molto molto interessante e valido. Ricordo dei "pipponi" da atleta quasi ventenne che invece di motivarmi al meglio ad allenarmi o a dare il 300% in partita mi facevano quasi passare la voglia di giocare. Occorre pero' fare distinzione su quale sia il target dell'allenatore, ovvero la fascia d'età e la categoria degli atleti che si hanno di fronte andando a focalizzarsi su quali devono essere i reali obiettivi del dialogo (e mai del monologo) con il proprio "gruppo di atleti". Sarebbe importante vedere allenatori che, oltre ad aggiornarsi dal punto di vista tecnico, cerchino di migliorarsi anche nella comunicazione (sia tecnica che motivazionale) verso i propri atleti e, nel caso di squadre giovanili, anche verso i loro genitori.

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    1. "Occorre pero' fare distinzione su quale sia il target dell'allenatore, ovvero la fascia d'età e la categoria degli atleti che si hanno di fronte"

      Condivido in pieno. Un primo indizio te l'ho già dato: non parlo ad allenatori professionisti.
      Comunicazione e motivazione, due parole chiave.

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  2. Ciao, sono pienamente daccordo sia con Fabio che con Edoardo, "Comunicazione" e "Motivazione" sono due cose che soprattutto in ambito giovanile dovrebbero essere curate nei minimi dettagli insieme all'aspetto tecnico ovviamente.
    Fanno parte degli aspetti socio-educativi che spesso vengono richiesti per la crescita in ambito di uno sport giovanile.
    Mi sembra però di poter dire che questi sono proprio alcuni dei punti che spesso vengono tralasciati dai "tecnici" (allenatori e dirigenti).
    Le famiglie dei giovani ragazzi, non appena si avvicinano a questo sport, hanno un canale di comunicazione diretto; ma quando i ragazzi crescono i rapporti cambiano... la COMUNICAZIONE tra genitori e società si interrompono, a loro avviso il dialogo deve avvenire esclusivamente tra "tecnici" e "atleti"... e i genitori? Niente, loro sono relegati al solo ruolo di autisti... accompagnatori sempre e dovunque (guai a mancare ad una partita anche di semplice allenamento, ad orari impensabili). Altamente demotivante :-(
    La comunicazione e la motivazione sono capacità innate in alcuni, e per questi è facile lavorare intorno ad esse, ma per altri sono veramente sconosciute.
    Spesso molti tecnici utilizzano sempre gli stessi metodi di comunicazione, immutevole alle dinamiche quotidiane, senza accorgersi che alla fine con il passare del tempo questi diventano sterili, e soprattutto rischiano di provocare paradossalmente il risultato contrario, soprattutto sul piano motivazionale. I ragazzi crescono e devono essere gestiti in modo diverso e bisogna parlare in modo diverso per riuscire a tirare fuori il meglio da loro, sia sul piano tecnico che "umano". Se non si riesce a capire ciò, la demotivazione prende il sopravvento e con il passare del tempo i ragazzi si disinnamorano di questo sport massacrante.
    Ad esempio, anche il "sermone" post-partita rappresenta un momento di comunicazione e motivazione fondamentale, ma se alla fine è sempre lo stesso, rischi solo che i ragazzi non ti stiano neanche più a sentire, mi rifererisco al classico:
    - commento risultato negativo: "avete fatto una buona partita";
    - commento risultato positivo: "avete fatto schifo";

    Nelle aziende private sia la "comunicazione" che la "motivazione" fanno parte di un percorso di crescita professionale sui cui le aziende investono molto. Ma nello sport, mi sembra che ciò non sia minimante preso in considerazione, chi dovrebbe "sponsorizzare" questi aspetti che rappresentano e fanno la differenza tra le diverse società?
    Ci sono società che controllano la "qualità" della comunicazione tra staff tecnico e atleti? Fanno i vari tecnici dei corsi di aggiornamento e soprattutto condivisioni di esperienze con altri in merito a questi aspetti?
    Ne dubito!

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  3. Se hai lavorato bene in settimana, il discorso prepartita deve durare poco, deve solo ricordare qualche compitino ad hoc. Inoltre, a volte faccio delle domande ai ragazzi (U20 e U17, per tenerli svegli) e magari chiedo al capitano di intervenire alla fine. Insomma piccoli stratagemmi per rendere il discorso a due vie.
    Sto nutrendo sempre maggiori dubbi sul discorso post-partia (debriefing), non e' necessario sempre.
    Per finire un grido di allarme: PERCHE' SEMPRE PIU' ALLENATORI NON PRETENDONO CHE I PROPRI ATLETI SALUTINO GLI AVVERSARI? E' UN GESTO IMPORTANTE! Finita la partita, finiscono le ostilita'!

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