Breaking News
Loading...
lunedì 13 maggio 2013

Info Post
I precedenti post che hanno avuto come tema centrale la comunicazione tra tecnico e squadra hanno avuto un
buon successo di visite e di interesse, a giudicare dai commenti.

In particolare uno di questi commenti ha virato il tema sul rapporto a 3, e non più a 2 soggetti.

Il terzo, incomodo, è il "genitore".


Riprendo il discorso sulla Comunicazione dei tecnici, e prendo spunto da un interessante commento che Max Calavaro ha lasciato QUI.

Nella sua analisi Max sottolinea che

"comunicazione e motivazione sono alcuni dei punti spesso tralasciati dai "tecnici" (allenatori e dirigenti)".
lamentando poi che
"Le famiglie dei giovani ragazzi, non appena si avvicinano a questo sport, hanno un canale di comunicazione diretto; ma quando i ragazzi crescono i rapporti cambiano... la COMUNICAZIONE tra genitori e società si interrompono, a loro avviso il dialogo deve avvenire esclusivamente tra "tecnici" e "atleti"... e i genitori? Niente, loro sono relegati al solo ruolo di autisti... accompagnatori sempre e dovunque"
Dico la mia: di sicuro più una società è solida e seria, di livello, più richiederà un impegno massimale, caratterizzato anche da una attività comunicativa simile a quella della scuola, dove il 75-80% del rapporto vede due principali attori, lo studente e l'insegnante.
Come la scuola anche una attività sportiva seria non prescinde da una comunicazione tra genitore e tecnico, che necessariamente si divide in due aree:

  • una che vede nell'atleta un tramite, un portatore di informazioni.  
  • una che prevede il contatto diretto tra genitore e tecnico.
Sono entrambe importanti, e devono essere utilizzate nel modo giusto. Per esempio troppe volte la prima area viene recepita dal tecnico (ma anche dal genitore), come un modo di "parlare a nuora perché suocera intenda", ma già qui siamo nell'ambito di una conflittualità che spesso viene trascinata nel tempo, soprattutto perché un esordio comunicativo del genere segnala carenza di professionalità.

Spesso da questo approccio traspare una mentalità tramandata nel tempo e quindi appresa per sentito dire, secondo cui "l'atleta migliore è quello orfano". Ma, come giustamente osserva Max, il genitore non può limitarsi a pagare, non interferire e guidare in silenzio.

E' un argomento interessante, credo, e vi invito ad inviarmi il vostro pensiero, pubblicandolo qui tra i commenti, oppure inviandomi una mail a 




Iscriviti al blog: riceverai le ultime news direttamente via mail!


Leggi anche: 

16 commenti:

  1. Eh si...purtroppo è così..i genitori sono buoni fino a che pagano la quota, si ammazzano per portarli agli allenamenti e alle partite, rinunciano a cose per loro...ma poi devono stare zitti su scelte che possono anche essere discutibili dell'allenatore e della società. Gli allenatori dovrebbero comprendere che un filo diretto con i genitori (che nella norma conoscono i propri figli e le loro reazioni) potrebbe aiutare nella crescita del ragazzo, ma la presunzione a volte supera la logica. Io sono rimasto molto deluso

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anonimo, sei rimasto deluso. Perché non ci racconti il motivo e soprattutto come ti chiami? Parlare in anonimato non è abitudine di questo blog né si presta a sciogliere un nodo secondo me importante come questo.
      Ciao e grazie del tuo contributo!

      Elimina
  2. Posso capovolgere il discorso per un momento?
    Il fatto che un genitore paghi e guidi, gli dà diritto a parlare/interferire?
    Finchè uno parla un po' non è nocivo ma il problema nasce quando interferisce nelle scelte e, per me, questo comporamento è sbagliato a prescindere.
    Nel momento in cui si perora la causa del proprio figlio, automaticamente si ledono gli interessi altrui e questo è sbagliato.
    Se i genitori evitassero di intervenire sempre e comunque sarebbe meglio.
    Lo dice uno che ha trascorso 10 anni in questa situazione ma il risultato è stato quello che i figli dei "ciarlanti" hanno smesso tutti e i miei no .... a me questo basta

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Anonimo, grazie per il commento. Rivolgo a te lo stesso quesito: perché non ti firmi? Scrivendo sul mio blog sai che parli soprattutto a me. Mi piacerebbe poter fare altrettanto.

      Detto questo, c'è una frase nel finale del tuo discorso che non mi permette di capire se sei un genitore o un allenatore: "i figli dei "ciarlanti" hanno smesso tutti e i miei no".

      Per "tuoi" intendi i tuoi figli? Quindi sei un genitore?

      Elimina
    2. La buonanima di Gianni Vassallo, grande scopritore di talenti, usava dire, estremizzando ovviamente: "a volte sarebbe meglio allenare degli orfani" ....
      Io mi dissocio da quei genitori che solo perchè pagano o, addirittura, fanno da sponsor, poi si sentono in dovere di interferire.
      Gredo che però sia una pratica tutta italiana e che investe tutti gli sport

      Elimina
    3. Sì sono un genitore.
      Ho conosciuto persone che, pur di far divertire il loro pargolo, avrebbero fatto carte false.
      Non escludo che magari, avendone la possibilità, abbiano anche "smenato del grano" per avere così maggior voce in capitolo.
      Il problema è che in questo ambiente come in altri dove circola poca "pecunia", chi ne tira fuori anche poca è sempre ben accetto.
      Oltretutto c'è anche chi rinfaccia il fatto di dedicare del tempo mentre altri se ne fregano.
      Ora io dico, se tu genitore sei così appassionato da seguire questo sport e ci rimetti anche del denaro in modo disinteressato, se sei disponibile anche a fare l'accompagnatore perché ti piace la pallanuoto, perché non ti offri di farlo in una categoria dove non gioca tuo/a figlio/a??
      Secondo me non c'è soluzione.
      A parte rari casi in cui ci sono ragazzi capaci che, incidentalmente, sono anche figli di dirigenti, il resto è gestito molto in forma "clientelare", almeno sino al termine delle giovanili.
      Nei seniores la cosa è meno eclatante perché, si spera, i figli siano in grado di gestirsi da soli senza l'appoggio dei genitori che cambiano loro il pannolone: non è comunque sempre così, purtroppo, anche perché il livello generale della pallanuoto è sceso molto negli ultimi anni.

      Elimina
    4. Il tema della discussione era la COMUNICAZIONE, non certo l'intrusione. Lo spunto di discussione era ben lontano da quello di voler "interferire" per il semplice fatto di pagare. Ognuno deve svolgere i suoi ruoli, ma non per questo il genitore deve essere necessariamente passivo, penso che ove ci sia lo spazio per la collaborazione (e ripeto non nell'aspetto tecnico, che deve rimanere una prerogativa dei tecnici) o per fornire proposte e/o suggerimenti, questo potrebbe risultare come un valore aggiunto al "progetto" di una società sportiva... sempre che ci sia un progetto!!!
      Non vorrei che la pallanuoto venga utilizzata dalle società per rimpinguare le entrate sempre più scarse dei corsi nuoto (anche a causa della persistente crisi economica)!!

      Elimina
  3. Ciao cari colleghi.Vorrei però schierarmi con quei allenatori che preferiscono distaccarsi dai genitori. Cosa vuol dire? non bisogna dare un taglio netto al rapporto allenatore - genitori allievi. Bisogna fargli capire il ruolo dell'allenatore, quello della dirigenza e quello dei genitori. Premetto che in questo sport molti genitori si sentono gesù scesi dal cielo mentre diversi dirigenti nemmeno sanno di che sport stiamo parlando.L'allenatore deve dare spiegazioni ma non troppo. Comunicare ma fino ad un certo punto. Mettere quei limiti che permettono di non essere giudicati oppure fraintesi. Il rapporto tra allenatore-allievo è unico e per quanto possiamo dare spiegazioni nessuno potrà mai capirlo. Il rapporto che si crea nel gruppo è talmente privato, particolare, stretto che dare i mezzi per capirlo vuol dire mettersi sulla graticola. La cosa si aggrava quando non si hanno i mezzi per capire il contesto..vedi la maggior parte dei genitori e di alcuni allenatori che non sanno interagire per affrontare problematiche serie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Livio, grazie del tuo commento.

      Faccio da bastian contrario e ti chiedo: e se fosse che molti tecnici, molto giovani, non avendo ancora solide basi tecniche, psicologiche e sociali, tendessero a chiudere a riccio, a proteggere il loro rapporto con gli atleti, fino al punto da non rendersene più conto e credere che questo rapporto sia speciale, unico?

      Non sarebbe un errore di partenza che condiziona tutta l'attività di quei tecnici, e di conseguenza la formazione dei loro giocatori?

      Elimina
  4. Sono il primo dei due anonimi ma vista la situazione al momento nn posso dichiararmi. io sono dell'idea che un genitore non deve interferire con le scelte tecniche e tattiche dell'allenatore ma quando si fanno scelte che vanno a totale discapito dei ragazzi allora no. Gli allenatori non sono Dio sceso in terra sono persone e con questo possono sbagliare. Il confronto servirebbe solo a rendere più proficuo il rapporto con il ragazzo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. " Il confronto servirebbe solo a rendere più proficuo il rapporto con il ragazzo."

      Ben detto. Parto da qui nella mia piccola indagine.
      Grazie di aver chiarito.
      Se vuoi raccontarmi più approfonditamente trovi la mia mail nel post.
      Ciao!

      Elimina
  5. Il binomio tecnico/genitore è di fondamentale importanza per la crescita del giovane atleta, sempre se il genitore ha la sensibilità di comprendere il proprio ruolo. Molti genitori assumono indirettamente il ruolo di "allenatori privati" dei propri figli, elargendo consigli tecnici non avendo gli strumenti tecnici utili per donare un consiglio utile al proprio figlio. Mi è capitano di ascoltare nel pre-partita un genitore che affermava al proprio figlio: "Se ti trovi davanti alla porta, non passare la palla a quello li che è ciuccio, piuttosto tira", ovviamente il ragazzo ha ascoltato alla lettera il consiglio del padre, terminando la partita in panchina.
    Sono convintissimo che il genitore debba far parte del progetto pallanuotistico societario, ma per rendere il sistema efficiente si deve far crescere anche loro.
    A tal proposito, vi inoltre la mia esperienza. Nella mia società abbiamo introdotto in maniera santuaria, un'incontro tecnico/genitore, dove in maniera del tutto colloquiare spiego loro le dinamiche di una partita, le caratteristiche e gli obiettivi degli allenamenti e il regolamento tecnico. Risultato una diminuzione drastrica di problematiche relative i disordini durate le partite con uscite poco piacevoli, attaccamento al progetto e alla società e annientamento della figura "genitore allenatore", in quanto tutti ben consapevoli della qualità tecniche del coach.

    RispondiElimina
  6. Il problema, secondo me, sta nel fatto che sono "rari" gli allenatori competenti,preparati al 100% sotto l'aspetto tecnico e psicologico.Il fatto di riuscire a non fare "figli e figliastri" sarebbe già una grande cosa, ottenendo di conseguenza la piena fiducia da parte dei genitori che fanno grandi sacrifici per far fare questo sport ai propri figli. Non c'è bisogno di tante parole bastono i fatti.

    RispondiElimina
  7. Ringrazio Edo per aver preso spunto da un mio precedente commento per avviare questa discussione molto interessante.
    Ovviamente quando parlavo di COMUNICAZIONE, non intendevo quella personale relativa al singolo "figlio", ma quella generale, di "gruppo".
    Per me comunicazione si intende far partecipare i genitori a quello che può essere il progetto della società, sopratutto quando parliamo di società che lavorano con ragazzi del territorio, che quindi svolgono una funzione fondamentale sia dal punto di vista sociale che di formazione dei ragazzi.
    Mi sembra veramente interessante quanto descritto da Giuseppe, potrebbe essere anche utile per evitare quanto riportato nell'ultimo commento relativo al problema di "figli e figliastri".
    I genitori possono rappresentare anche i punti di vista "esterni" e portare suggerimenti se necessario, sicuramente non tecnici, ma sicuramente organizzativi. Insomma penso che i genitori debbano anche sentirsi parte integrante di un progetto e condividere il cammino con le società, almeno per quello che gli può competere.

    RispondiElimina
  8. Non conosco la situazione del Sig. Calavaro, ma forse ho intuito il problema che purtroppo non è il solo.. Sono un genitore anch'io di un allievo pallanuotista, e anche se non scendo in merito alla situazione descritta vorrei fare i miei complimenti al sig. Calavaro che ha avuto il coraggio di firmarsi ed esporre il suo sfogo!

    RispondiElimina
  9. Ciao Gregorio, non credo sia uno sfogo, quello di Max, quanto una constatazione, frutto di alcune passate considerazioni fatte insieme, per sentito dire, per visto fare, da due punti di vista differenti.

    Non essendo uno sfogo, si avvicina ad essere più obiettivo e per questo credo che sia ancora più importante.

    RispondiElimina

Grazie per il commento, tiene vivo il post sui motori di ricerca e siamo più raggiungibili da chi non ci conosce!

 

Prima di lasciare il blog, ricordati di aggiungere il tuo LIKE alla mia pagina Facebook!

x